martedì 9 ottobre 2007

GLI ORGANETTI A LONGIANO


8 e 9 settembre 2007
8° FESTIVAL INTERNAZIONALE
DELL'ANTICO ORGANETTO
Le vie di Longiano si animano tante persone girano ammirando gli organetti esposti e i suonatori in costume.
Gli espositori sono un centinaio e provengono da una decina di nazioni per lo più europee: dalla Francia, dal Belgio, dall'Austria, dalla Germania e... dall'Italia.


I bambini si fermano curiosi e divertiti davanti al burattinaio con il suo organetto.

Oppure come nell'Ottocento i bambini girano su una giostra a cavalli azionata da una macchina a vapore mentre si spande nell'aria la musica di un grande organo da giostra del costruttore belga Andrè Thirion. La macchina a vapore e la giostra a cavalli sono state costruite dai soci AMMI.

Un suonatore solitario e instancabile fa uscire le note dal suo organetto girando in mezzo alla folla.

Le Serinette erano particolari organini impiegati soprattutto nel corso del XVIII e XIX secoli per insegnare canzoncine e brani musicali ai canarini (in francese serin significa per l'appunto canarino). Impiegati in massima parte dalla dame - che ripetevano la musica finché l'uccellino non la riproduceva esattamente - questi organini erano dotati, oltre che del cilindro, anche di un piccolo mantice e di una decine di cannette in stagno o legno. Il repertorio era costituito in massima parte da canzonette popolari, ma anche le più famose arie d'opera.

Le origini di strumenti musicali in Europa, risalgono certamente al Rinascimento, che portò grande interesse alle cose automatiche come bambole, uccelli meccanici. Tra il 1500 e il 1700 furono prodotti molti "automatici". I primi costruttori di musica meccanica costruirono semplicissime scatole musicali che suonavano una sola aria.

Fu Leonardo Da Vinci che, girando attorno alla fontana con 16 cadute d'acqua di Rimini, estasiato dal suono di questa composizione, disegnò il primo organo ad acqua della storia di cui rimangono disegni e documentazioni precise.

Fino ai primi anni del 900 l'unico modo per sentire musica senza suonarla era la musica meccanica, erano diffusi cosiddetti "spalloni", i piani a cilindro e gli "Organetti di barberia".

Il cilindro è costituito da un rullo la cui superficie è percorsa da punte in rilievo che riproducono la codificazione meccanica di un brano musicale; con la rotazione del cilindro le punte mettono in vibrazione una serie di lamelle metalliche che producono il suono.

Il merito dell'introduzione del piano a cilindro viene attribuito ad Hicks di Bristol che lavorò con i suoi numerosissimi familiari dal 1805 al 1850 a Bristol ed a Londra. Il debutto dello strumento di Hicks sulle strade delle affollate città inglesi fu un successo funestato solo dalla ostilità di alcuni cittadini che, vedendo compromessa la propria tranquillità, riuscirono a portare la questione della rumorosità della musica prodotta con piani a cilindro fino in Parlamento, ma il piano a cilindro la vinse.



Dall'Inghilterra, sempre per merito della famiglia Hicks, il piano a cilindro passò agli Stati Uniti (esiste ancora un esemplare firmato Hicks costruito a Brooklyn nel 1820), poi in Germania, in Francia ed in Italia.


Un Organo a rullo o a cartone, detto anche Organetto di Barberia per il suo inventore Giovanni Barbieri che lo elaborò nel 1702, è uno strumento musicale meccanico realizzato con una serie di canne e un mantice o soffietto (simile ad un organo, o quanto meno ad un harmonium) e da un cilindro con delle sporgenze, simili a chiodi o punte che corrispondono, in base alla posizione, ad una particolare nota.

Di solito l'organo è costruito con legno e metallo, e finemente lavorato e ben rifinito, evidentemente assai resistente, dal momento che la maggior parte di quelli ancora esistenti hanno mantenuto nel tempo la stessa efficienza e precisione nonostante l'evidente lavoro meccanico del gran numero di aste e leverismi.

Il movimento è generato da una manovella, azionata da un suonatore d'organetto o dalla sua scimmietta, come dimostra la ampia presenza di questo personaggio nella letteratura e nell'iconografia del XIX secolo e dell'inizio del XX. Con poche eccezioni, i suonatori d'organetto usavano una versione portatile dell'organetto, più maneggevole.









In un piccolo teatro a cielo aperto si è esibita l’AMMI Band interpretando opere, operette, canzoni del repertorio napoletano ed altro, accompagnata dal celeberrimo organetto di Barberia e da un prestigioso piano melodico Racca.
Il piano melodico Racca era l'unico strumento meccanico destinato esclusivamente all'alta società e ai salotti d'èlite (la stessa regina Margherita ne possedeva uno).


















Di organi esistevano altre versioni più grandi, posizionate nelle chiese, nei luoghi di mercato, nelle sale da concerto e altri grandi ambienti come arene sportive e teatri.
L'organo da fiera fu inventato dal modenese Ludovico Gabioli (1807 - 1875)



Oltre alle esposizioni, nell'ambito del festival si sono svolte
- una mostra scambio di antichi organetti, grammofoni, dischi e radio d'epoca
- concerti d'organo al Teatro Petrella
- spettacoli di burattini
- spettacoli di ballerini al suono di un organo da fiera

In Italia abbiamo una associazione che raggruppa gli appassionati di musica meccanica: è l'AMMI, con sede a Cesena e da alcuni anni riesce a conquistare sempre più consensi grazie alle interessantissime iniziative che organizza periodicamente in varie località italiane.


sabato 29 settembre 2007

LONGIANO
















Sulle colline tra Cesena e Rimini sorge Longiano, le cui origini si fanno risalire alla discesa dei longobardi in Italia, tra il VII e l'VIII secolo.
Da un’antica pergamena del 1059 si sa che nella zona era stato costruito un castello per difesa dai barbari, castello poi divenuto motivo di contesa tra Rimini e Cesena.


Attraverso Porta Girone del XIII sec. si può salire
al castello e agli insediamenti circostanti.
Le altre porte di accesso sono:
la Porta Tagliata e la Porta del Ponte.


Nel 1216 i cesenati furono definitivamente sconfitti e Longiano entrò nell'orbita di Rimini, così quando questa cadde in potere dei Malatesta, anche Longiano seguì la stessa sorte e Giovanni Malatesta, fu nel 1290 il primo dinasta del castello.


Nel 1297 i Cesenati, uniti ai Forlivesi, Faentini e Imolesi, incendiarono il borgo di Longiano verso la Porta del Ponte, che conserva il nome di Borgo Bruciato, dopodichè i Malatesta aggiunsero nuovi bastioni ed ingrandirono la Rocca che ancora oggi si vede, a maggiore fortificazione del Castello.


Dal 1290 fino al 1463 il castello fu dei Malatesta; dal 1463 al 1519 appartenne alla S.Sede e fu governato da Vicari. Nel 1503 le truppe di Cesare Borgia misero a sacco il borgo che gli aveva rifiutato fedeltà.
Dopo quattro anni di dominio Veneziano, per volontà di Papa Leone X Longiano divenne feudo del Conte Guido Rangone di Modena, che fu Signore d'armi ma anche protettore di artisti e letterati.
Nel 1581 questi territori ritornarono in possesso della Chiesa fino all’arrivo di Bonaparte, nel 1790, che occupò la Romagna fino al 1814.
Dopo l'unità d'Italia, negli anni 1862-63, l'interno del castello fu totalmente ristrutturato.



Durante l'ultimo conflitto mondiale Longiano, caposaldo della linea Gotica, subì violentissimi bombardamenti che produssero gravi danni, specie al Santuario del Crocefisso e alla Biblioteca Storica.





Il Castello,oggi completamente restaurato, ospita la Fondazione Balestra con una collezione di artisti italiani (Morandi, Rosai, Maccari, Sironi...) e stranieri (Goya, Matisse, Chagall...) che conta più di duemila opere.
La Fondazione organizza mostre, incontri sull'arte e aulla letteratura.






E' stata iniziativa di Tonino Guerra la targa che riporta i versi scritti da Tito Balestra per la moglie Anna. Fu proprio lei a dare il via alla Fondazione.


Tito Balestra (1923- 1976) fu poeta, critico d'arte e giornalista dell'Avanti.



Nella Piazza antistante al Castello si svolgono varie manifestazioni in occasione degli eventi caratterizzanti la vita longianese.



Sulla Via 4 Novembre, che porta al Castello, si trovano le Chiese di Longiano: il Santuario del SS. Crocefisso con l'attiguo Convento dei Frati Minori Francescani, la Colleggiata di San Cristoforo e l'Oratorio di San Giuseppe, d'epoca barocca.





















venerdì 30 marzo 2007

SASSOCORVARO


Sassocorvaro è detta la "Sentinella del Montefeltro" per la sua favorevole posizione strategica. Il paese sorge, infatti, su uno sperone di roccia a dominio della valle del Foglia, a 47 km da Pesaro.

La sua origine risale attorno al X secolo. Fin dal 1060 fu munito di una fortezza con annessa una cappella dedicata a San Giovanni Battista.
Fedele al papato, fu nel XIII secolo sicuro rifugio per i Guelfi di Urbino, cacciati dalla loro città dai Ghibellini di Guido da Montefeltro.
Con la fine del XIII secolo, su Sassocorvaro domina la Signoria dei Brancaleone di Casteldurante, nobili questi, più temuti che amati. Più volte la popolazione insorse, ribellandosi ai prepotenti feudatari, finché, nel 1424 Guidantonio da Montefeltro, conte di Urbino, con una guerra pose fine al dominio dei Brancaleone. Da allora, Sassocorvaro fu contesa dalle famiglie dei Montefeltro e dei Malatesta. Tra i numerosi assedi che dovette subire va ricordato quello terribile del 1446 in cui la rocca, presa dalle truppe malatestiane, fu depredata e data alle fiamme.

Ma la vittoria finale fu del grande Federico Il da Montefeltro, lo splendido Duca di Urbino (1463 ). Federico affidò in feudo la Contea di Sassocorvaro al suo fedele braccio destro, il nobile Ottaviano degli Ubaldini che, per ordine del Duca, fece ricostruire la Rocca dal prestigioso architetto senese Francesco Di Giorgio Martini (1475). Alla morte di Ottaviano, Sassocorvaro tornò allo Stato di Urbino. Passò poi sotto il dominio di Cesare Borgia, dei Montefeltro, dei Doria, dei Della Rovere di Urbino. Nel 1634 lo Stato di Urbino rientrò nei domini pontifici e Sassocorvaro fece parte dello Stato della Chiesa fino all'Unità d'Italia.



La Rocca di Sassocorvaro si presenta all'esterno come una robusta e compatta massa in pietra e mattoni, sinuosa, fortemente scarpata per rendere difficile la scalata. Quattro torrioni sporgono sui lati lunghi e si uniscono fra loro con brevi tratti di muro. Dal lato dell'ingresso si nota una torre minore e dal lato opposto un torrione dalla tipica forma di prora di nave. Dappertutto si osservano le feritoie per le armi da fuoco che vigilavano da ogni lato: infatti la rocca è ritenuta il primo esempio di architettura militare realizzata da Francesco di Giorgio Martini in area marchigiana.

La parte inferiore della rocca, strutturata a scarpa, è in pietra, quella superiore in laterizio, tranne il puntone sud e il torrione est, realizzati interamente in pietra. La parte superiore è formata da quattro anelli divisi da cordoni e gli ultimi tre, dal lato nord, sono aggettanti. Tutto il perimetro superiore della fortezza è percorso da una linea di finestre e moltissime feritoie coprono le muraglie nei vari piani.


Nella parte nord, il torrione è raccordato da una torre cilindrica più piccola, al riparo della quale è incassata la porta d’ingresso. Dalla porta si accede da un lato, scendendo una scala sulla sinistra, ai sotterranei e dall’altro, attraverso un corridoio, al cortile d’onore







Nel corso della seconda guerra mondiale, a partire dall'8 giugno 1940, la Rocca fu nascondiglio sicuro per migliaia di capolavori dell' arte Italiana. Dai musei della Regione, ma anche da Venezia, da Milano, da Roma e persino dall' isola di Lagosta (Istria) arrivarono in gran segreto dipinti e sculture, ceramiche e avori, vetri e bronzi, reperti archeologici e arazzi, beni librari e spartiti musicali. La più grande concentrazione di opere d'arte mai vista nella storia dell'umanità venne nascosta e protetta dalla barbarie della guerra per poi essere restituita sana e salva alle rispettive sedi di origine. Scorrendo l'elenco dei capolavori salvati nella Rocca (e, in parte, a Carpegna e Urbino) si incontrano nomi prestigiosi di insigni maestri: Piero della Francesca, Mantegna, Giovanni Bellini, Luca Signorelli, Pietro Perugino, Raffaello, Lorenzo Lotto, Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Rubens, Tiepolo, Guardi, Canaletto, Crivelli...
Coordinatore del salvataggio fu un giovane funzionario dello Stato, l'allora trentunenne soprintendente di Urbino Pasquale Rotondi, studioso insigne chiamato al ruolo inedito di 007. Nel giugno 1996, a mezzo secolo dalla fine della guerra, la Rocca torna a ospitare idealmente i suoi capolavori con il progetto L'Arca dell'Arte, culminante nella realizzazione di un museo.


Il Teatro di Corte, all’interno della famosa Rocca, era il salone maggiore del fortilizio, posto al piano superiore dove era stato ricavato l’appartamento del castellano. Cessata la funzione militare della rocca e diventata la stessa residenza civile, il suddetto salone fu adibito a teatro privato. Solo dopo il 1860, quando la rocca entrò a far parte del patrimonio comunale, il teatro diventò pubblico. Il Teatro presenta una struttura del tutto particolare, infatti non dispone di palchi, ma solo di un palchettone ligneo fiancheggiato da paraste che si protende sui due lati lunghi della sala con una balconata. Sul sipario è riprodotta sullo sfondo un’immagine di Sassocorvaro vista attraverso le arcate di una finta loggia con tanto di tendaggi sospesi.



La volta a tutto sesto è quella dell’antico salone quattrocentesco, interamente dipinta nel 1895 dal locale pittore Enrico Mancini (1867-1913) con soggetti liberamente tratti dal repertorio tardo neoclassico (grottesche, festoni, putti, riquadrature e paesaggi) e la cui nota dominante è il blu acceso del grande scomparto centrale popolato da svolazzanti putti alati. Del Mancini è anche il sipario.



L’Oratorio della S.S. Trinità fu fatto edificare nel 1743 da Don Gaspare Fabbri, parroco nativo di Sassocorvaro, che lo arricchì con numerose reliquie di martiri tra le quali quelle di San Valentino, vescovo di Terni e protettore degli innamorati. L’autenticità della reliquia è testimoniata da numerosi documenti. Da allora il corpo di San Valentino Martire è venerato nella chiesetta della S.S. Trinita e ogni anno, il 14 Febbraio, gli innamorati vanno nell’oratorio a rendere omaggio alle reliquie del Santo, partecipano ai riti liturgici, tra cui la speciale benedizione, e ai vari eventi organizzati in città dalla Fondazione San Valentino: convegni, mostre, concerti.


In origine Sassocorvaro doveva essere un piccolo borgo e le poche case erano tutte ammassate in posizione sopraelevata e circondate da una imponente cinta muraria. Si possono ancora ammirare le tre antiche porte d'ingresso del centro abitato: ad ovest, la "Porta delle Coste" e la "Portaccia"; dal lato opposto, la porta del "Voltone".

La tradizione popolare narra che ogni 26 agosto, nei pressi della Porta delle Coste si sentono gemiti e pianti soffocati, il tintinnare di armature, lo scalpitare di cavalli e il rumore di un lontano incendio. La storia tramandata per secoli è quella della distruzione del paese avvenuta il 26 agosto 1446, quando i Montefeltro assediarono Sassocorvaro. La "Porta delle Coste" è un rudere suggestivo, che testimonia ancora oggi un passato fatto di glorie e sofferenze. Nelle notti di luna piena può capitare di rimanere suggestionati dalle ombre che si formano sotto l'arco, ed è così che nascono le leggende…


Percorrendo i vicoli del centro storico, è ancora possibile scorgere le tracce del glorioso passato attraverso i resti delle mura. Dell'antico assetto fortificatorio sono ancora ben conservate le tre torri: a sud, la torre di epoca malatestiana inglobata nella rocca; in posizione opposta, sul lato nord, la torre quadrangolare di vedetta, detta il "Torrione", ora adibita ad abitazione civile; ad ovest, la poderosa torre esagonale.
















Il Lago artificiale di Mercatale, circondato dal verde delle colline, è situato tra Sassocorvaro e Mercatale. Oltre che essere una bellezza naturale, ha un ruolo predominante per tutta la vallata in quanto la diga rifornisce di acqua tutti i paesi vicini . E' possibile sostare nelle sue sponde per passare una giornata all'insegna della natura.
Meta di cannottieri e pescatori: vi si organizzano gare di canoa o di pesca.