martedì 27 febbraio 2007

MELDOLA




Meldola si trova all’imbocco della Val Bidente, a pochi chilometri da Forlì. Incertissima l'origine del toponimo. Potrebbe derivare da certo Meldo, leggendario parente di Alarico re dei Visigoti, oppure da Imilda, che fu signora nel Medioevo, oppure ancora dal termine latino "metula", ovvero termine di una strada. Comunque questa località - punto d'incontro di genti umbre, galliche ed etrusche – deve avere un'origine molto lontana: forse era l'antico "Castrum Mutilum" citato da Tito Livio come teatro di una battaglia del 204 a.C. La sua storia è punteggiata da aspri scontri che rimarcano l’importanza strategica del luogo. Così come l’intera Romagna, Meldola fu posta sotto il dominio dei Papi durante il quale vide avvicendarsi nel governo della città, oltre ai Veneziani, le famiglie degli Ordelaffi e dei Malatesta, Cesare Borgia, Pio da Carpi, gli Aldobrandini e Doria Panphili Landi. Questi lasciarono in epoche diverse numerose costruzioni monumentali. Nel 1797 Meldola fu occupata dalle truppe rivoluzionarie francesi. Nel 1815 a seguito della restaurazione pontificia, ritornarono i vecchi Signori Borghese Aldobrandini che nel 1834 cedettero la proprietà della Rocca di Meldola ai Doria Panphili fino all’unificazione con il Regno d’Italia.

Da vedere, nella piazza centrale, intitolata a Felice Orsini, sia la casa natale del celebre cospiratore (attentò alla vita di Napoleone III e fu giustiziato in Francia nel 1858) sia soprattutto il Palazzo Aldobrandini-Pamphili, con un doppio splendido loggiato, costruito nel 1609.

Il Loggiato Aldobrandini fu fatto costruire nel 1609 ad opera della nobile famiglia al posto delle mura civiche che furono fatte demolire allo scopo. A "firma" dell'opera gli Aldobrandini lasciarono sullo splendido doppio loggiato i motivi araldici con il loro stemma, le stelle e la sega, tuttora visibili.


La Torre Civica risale al XVIII secolo e fu costruito insieme al Palazzo Comunale quando la famiglia Doria Pamphili spostò nella piazza la sede comunale.


Il Palazzo Comunale, in Via Roma, fu costruito nel XVIII secolo per volere della famiglia Doria Pamphili che volle trasferire qui, nella piazza principale, la residenza comunale.









Il Palazzo fu ampliato a fine '800 insieme all'abbattimento dell'attigua porta cittadina.La sua parte più significativa è il portico con volte a crociera che dà sulla piazza.



La Chiesa di S.Nicolò in Via Roma sorge sulle rovine di una antica Pieve che risale al 1180. In tempi non lontani si presentava con la facciata volta ad oriente (disadorna e poco gradevole) e con una torretta con campana che serviva anche per l'orologio.L'interno consisteva in due navate divise da colonne che, nel 1728, l'arciprete D.P.Drioli, acquistate ed abbattute certe casupole, ampliò creando la terza navata a destra di chi entra.Dopo il terremoto del 1870 furono cstruiti il presbiterio e l'abside, sorti sul luogo di un'angusta canonica. Nella chiesa, sin dal 1621, si venera la Beata Vergine del Popolo, patrona della città.





Il "Pavaglione", oggi Arena Hesperia.
Deliziosa piazzetta adiacente al Teatro Comunale, circondata da portici; risale al XIX secolo. Faceva parte del Foro Annonario. Fu utilizzata come mercato dei bozzoli(Meldola era uno dei più importanti centri di produzione della seta) e come luogo di spettacolo. Negli anni cinquanta e sessanta fu arena cinematografica. Risistemata all'inizio degli anni novanta e intitolata alla diva del cinema muto, ospita le manifestazioni culturali estive, che trovano in essa una elegante cornice.





Il Teatro Dragoni in Piazza Orsini è opera dell'architetto forlivese Giuseppe Missirini su incarico di un gruppo di ricchi cittadini meldolesi e risale agli inizi dell'Ottocento.
La sua realizzazione copre l'arco di 10 anni.Si compone di un ingresso a colonne doriche ed archi di linee tardo cinquecentesche. L'interno è dotato di una cavea con tre ordini di palchi più il loggione.Il primo spettacolo venne allestito agli inizi del 1838 ma le decorazioni furono realizzate tra il 1876 e il 1877 dal pittore bolognese Samoggia.Dopo molti anni di assidua attività, nel 1954 venne chiuso al pubblico perchè inagibile. Riaperto nel 1984 fu intitolato a Giovanni Andrea Dragoni, grande musicista meldolese vissuto nel Cinquecento.

Meldola è stata epicentro d’importanti fenomeni economici come la produzione del baco da seta (della quale esiste un museo), delle filande, di importanti cave e mercati agroalimentari che hanno condotto la cittadina all’attenzione d’operatori nazionali e, nel caso delle filande, anche internazionali. Per l’importanza di tali commerci, il 7 settembre 1862, con decreto regio, venne conferito a Meldola il titolo di città.








La Chiesa della Madonna del Sasso in Via Rocca è un piccolo edificio sacro risalente al 1523 con facciata a cortina e portale a bugne di terracotta ben lavorate terminanti in una lunetta in cui era dipinta la Vergine. Era detta anche Chiesa della Natività di Nostro Signore. L'interno è spoglio, con al centro un catino e una piccola abside interrotta da un'artistica cornice in terracotta. Attualmente è in restauro.












Porta di una casa restaurata in via Rocca.





La Rocca, le cui origini risalgono a prima del Mille, era una semplice torre posta in alto e contornata più in basso da un recinto di mura. Successivamente fu estesa e potenziata per farne la struttura difensiva che si intravvede tuttora. Sotto il breve dominio degli Ordelaffi (1350-1359) furono rafforzate le muraglie, i bastioni e il maschio. A Malatesta Novello e al nipote Roberto, signori di Cesena, si devono le ulteriori fortificazioni e l'ampliamento delle costruzioni della rocca oltre all'innanlzanto delle mura poste ad est (sopra l'attuale via Matteotti).
La Rocca restò quindi sotto Pandolfo Malatesta sino al 1500 allorchè la vendette con tutto il suo feudo a Cesare Borgia. Tra il 1503 e il 1509 fu restaurata dalla Repubblica di Venezia che da semplice presidio militare ne fece anche residenza delle autorità.
Attualmente la rocca, dopo decenni di incuria, si presenta in cattivo stato di conservazione soprattutto per la precaria condizione del bastione principale la cui torre, con il sovrastante campaniletto a vela, è gravemente lesionata e parzialmente crollata. Il Comune, divenutone proprietario nel 1995, ha iniziato alcuni lavori di restauro.


L'immagine della Madonna si trova sulla porta all'ucita della via XXV Aprile, porta che fu aperta nel 1733 per ordine di Don Camillo Pamphili " a maggior ornamento e decoro" della città.









La suddetta porta all'entrata della via presentava, sopra l'arco, lo stemma della città: sopra la torre il leone rampante con il giglio.

Il Ponte dei Veneziani, tra Piazza Garibaldi a via Sbaraglio, solca con le sue volte poderose le acque del fiume Bidente. Esistente anche prima del dominio della Serenissima, se ne trova menzione sin dal 1300, fu tuttavia risistemato e in parte rifatto sotto la Repubblica di Venezia.Nel corso dei lavori realizzati nel 1934 alla base del ponte per chiudere le voragini provocate dalla caduta delle acque, si osservò che le sue fondamenta poggiavano su palafitte, e paragonandole alle fondamenta della città lagunare, si accreditò tutta la costruzione ai veneziani.
Il ponte riproponeva, nella funzione di decantazione delle acque con metodi meccanici, i principi del preesistente acquedotto di Traiano (reperti del quale sono affiorati nei pressi del ponte stesso), acquedotto che fu poi restaurato per volere di Teodorico.

Molte sono le testimonianze a Meldola della colonizzazione romana. All'epoca della colonizzazione la città fu senza dubbio abitata da molte famiglie romanizzate: sono stati infatti rinvenuti avanzi marmorei e pavimenti a mosaico affiorati durante una serie di scavi eseguiti nel '700. Tracce, con ogni probabilità, di una grandiosa costruzione del IV secolo che ancora nel 1300 era chiamata "Palatium" e potrebbe essere appartenuta a re Teodorico oppure a sua figlia Amalasunta.


A nord-ovest del comune di Meldola, verso Ravaldino, esiste una riserva naturale regionale: il Bosco di Scardavilla, il nucleo principale della Riserva è rappresentato da un bosco di querce (Quercus cerris) di notevole importanza naturalistica in quanto relitto delle foreste che ricoprivano nel passato gran parte del territorio.


Meldola è il Comune dei quattro castelli: Rocca di Meldola, Rocca delle Camminate, Rocca di Castelunuovo e Rocca di Teodorano.


Da Meldola, attraversato il ponte dei Veneziani, si prende la strada a destra che costeggia il torrente Voltre e, superate le ultime case del paese, si prosegue per la strada in saliscendi fino a raggiungere il laghetto di Piandispino, indi si gira a sinistra verso Teodorano. Questo borgo è cresciuto attorno ad una antico castello dell'XI sec. che divenne comune autonomo nel 1238. Assai conteso per la sua posizione strategica, nel 1502 fu conquistato, dopo un'aspra difesa, da Cesare Borgia che ne fece radere al suolo le mura. Rimangono la torre e parte delle mura, che sono state restaurate una decina di anni fa. Ogni domenica è possibile visitare il castello.


Gli eventi principali nel corso dell'anno sono: nel mese di maggio "Meldola in fiore"; in agosto il "Palio della Madonna del Popolo"; in novembre "Meldola dei Sapori" e da Natale a Capodanno il caratteristico mercatino, il presepe vivente e gli artisti di strada.



sabato 17 febbraio 2007

BRISIGHELLA

Brisighella è un antico borgo medievale adagiato ai piedi di tre pinnacoli di gesso su cui poggiano la Rocca Manfrediana sul colle Frisone, la Torre dell’Orologio ed il Santuario del Monticino.







Le origini di Brisighella risalgono alla fine del 1200, quando il condottiero Maghinardo Pagani edificò, su uno dei tre scogli di selenite, la roccaforte più importante della Valle del Lamone. Quell’ antico baluardo di difesa fu ricostruito nel 1548; danneggiato più volte e ridimensionato nel 1850 nella forma attuale: la Torre dell’Orologio. Alle falde sono tuttora visibili tracce di mura di antiche abitazioni. La sommità di questo colle è un punto panoramico per ammirare il paese, i gessi e i calanchi.

La costruzione della Rocca risale a Francesco Manfredi che nel 1310 ebbe il permesso da Papa Clemente di riedificare la fortezza, abbattuta dai ghibellini. Il torrione più grande è opera dei Veneziani che dominarono Brisighella tra il 1503 e il 1509.
















In evidenza nella Rocca di Brisighella sono le tecniche costruttive concepite dapprima, per fronteggiare al meglio gli assalti ad armi bianche (frecce, balestre, spade) e adeguate, poi, a soddisfare la nuova necessità di respingere i devastanti attacchi con esplosivi.


Il Santuario di Monticino, di antica tradizione mariana, il cui complesso architettonico risale al XVIII secolo, sorge sul terzo colle di Brisighella, un tempo noto come “Cozzolo” o “Calvario”, che offre una splendida visione del centro sottostante e dell’intera Valle del Lamone, fino ai confini della Toscana.

Il borgo è composto da un dedalo di antiche viuzze, tratti di cinta muraria, scale scolpite nel gesso.










Vi domina l’antica Via del Borgo, o Via degli Asini, una strada coperta del XII secolo, sopraelevata ed illuminata da mezzi archi di differente ampiezza, baluardo di difesa per la retrostante cittadella medievale. Con molta probabilità congiungeva la Porta Gabalo (o delle Gabelle) con Porta Bonfante (o Porta Buonfante).
Lo storico assedio dell’anno 1467 da parte del Duca di Urbino sortì esito negativo, in quanto da questi mezzi archi anche i valligiani organizzarono un'eroica resistenza, sconfiggendo l’assalitore.














In seguito questa via sopraelevata divenne centro di famiglie di birocciai che traevano il loro sosten-tamento dalle cave del gesso nella valle dietro l’antico abitato (da qui il nome di Via degli Asini). Questi lavoratori del gesso avevano le stalle (“cameroni”) per le loro bestie di fronte agli archi, mentre le loro abitazioni erano poste nel piano superiore. I carri da trasporto (birocce) erano collocati invece nella piazza.



A Brisighella, che ha dato i natali ad otto cardinali, gli edifici sacri sono numerosi. La Collegiata, cioè la Chiesa, dedicata a San Michele Arcangelo, fu ultimata nel 1697 ed è situata in Piazza Carducci. La facciata originale è stata modificata di recente.
All’interno si possono ammirare: un crocifisso scolpito in legno d’olivo, del secolo XVI, notevole per la forza espressiva del Cristo e l’altare in stile neo-barocco (scagliola policroma) dedicato alla Madonna delle Grazie, la cui stupenda immagine (tavola lignea) è attribuita a certi pittori Mingarelli nel 1410 circa.

Brisighella è un luogo ideale per un soggiorno di relax: le acque delle sue Terme e la tranquillità che regna nel borgo e nei dintorni aiutano ad abbandonare ogni stress e a dedicarsi alla cura di se stessi.
Numerose le iniziative turistiche e culturali, miranti a far conoscere i prodotti tipici od attente a cogliere il meglio di esperienze artistiche quali jazz e danza moderna.
EVENTI
Ogni anno la città si anima, tra giugno e luglio, con le Feste Medievali.
Le Feste Medioevali brisighellesi sono partite dal 1980 per iniziativa di Andrea Vitali, studioso del Medioevo, musicologo, iconologo. Per via dei suoi contenuti e per l'allestimento scenico, particolarmente curato, furono subito coinvolte migliaia di persone e città come Assisi e Ferrara, si dimostrarono sensibili alla manifestazione, inviando ogni anno i loro gruppi in costume. Dal 1987 le Feste Medievali si propongono con un titolo specifico attinente alla cultura sacra o profana del medioevo. Per tutta la durata delle manifestazioni, si possono inoltre visitare mostre, assistere a interventi teatrali, performance e concerti. Parte integrante sono i banchetti, allestiti nelle taverne e nelle vie , dove si possono gustare piatti d'epoca, meticolosamente ripresi da antichi trattati di cucina.

Nella prima domenica di Novembre c’è la caratteristica sagra che invita a "fare il porco". La festa ripropone, infatti, l'antico rito che si svolgeva nell'aia di ogni casa colonica con l'uccisione del maiale e la lavorazione della carne da parte di abilissimi norcini. Si possono inoltre assaggiare saporiti ciccioli, profumata coppa di testa, rosei prosciutti, salsicce e dolce al migliaccio.
Nella seconda domenica di Novembre si tiene la sagra delle pere volpine, chepiccole, tonde e dure erano un prodotto tipico della Valle del Lamone. La sagra ha contribuito alla riscoperta delle proprietà di questo frutto dimenticato offrendo la possibilità di riassaporarlo. Le pere volpine vengono consumate bollite, cotte in acqua o vino, oppure al forno. Si possono gustare insieme al formaggio "conciato" di Brisighella: pecorino invecchiato in grotte di gesso con un procedimento di antica tradizione.

La terza domenica di Novembre è la volta del tartufo, il prodotto più nobile e ricercato della collina faentina. I tartufai della Valle del Lamone sono abili ricercatori di questo prezioso prodotto del sottosuolo. Durante la sagra, sono in vendita il caratteristico tubero nella varietà del bianco autunnale - che emana un profumo particolarmente intenso - e del tartufo nero.
L’ultima domenica di Novembre è per la sagra dell’olio d’oliva, che celebra e promuove il ricercato olio extra vergine, il "Brisighello" olio al quale è stato assegnato l'ambìto riconoscimento della denominazione d'origine protetta.La coltivazione dell'ulivo, in terra brisighellese, risale al tempo dei romani.

giovedì 15 febbraio 2007

FIUMICELLO

A 6 chilometri dall'abitato di Premilcuore sulla SS9 Ter in direzione Firenze, (dopo una deviazione a sinistra a 4 chilometri da Premilcuore) ci si trova a Fiumicello. In passato era una piccola comunità a prevalente carattere agricolo pastorale, oggi gode del vantaggio di trovarsi nel cuore del Parco Nazionale Falterona, Campigna e Foreste Casentinesi. Qui, nell’alta valle del Rabbi, sorge il Mulino Mengozzi, che è uno dei più antichi di Premilcuore e che già nel XIII secolo macinava per la popolazione circostante. Lentamente, a causa dello spopolamento delle campagne, il lavoro venne a mancare, e nel 1964 la famiglia Mengozzi fu costretta a trovare lavoro altrove. Dopo 30 anni di inattività mossi dall'amore per le loro origini, i fratelli Mengozzi hanno rimesso in funzione il mulino rifacendo a mano tutte le turbine, mantenendone immutati la tecnica ed il materiale di corredo.


L’edificio è strutturato su tre piani. In quello più basso, quasi del tutto interrato, vi è collocata la turbina, ossia una ruota idraulica con pale a semicucchiae in rovere movimentata dal flusso d’acqua convogliato dalla condotta che collega il “bottaccio” (la vasca d’acqua esterna) al mulino. Il moto della ruota viene trasmesso al piano superiore attraverso un “albero” che la collega alle due macine disposte orizzontalmente, costituite da dischi di pietra, di notevole diametro e peso. Ogni macina è formata da un disco inferiore, fisso e da uno superiore, mobile, con la centro una “bocca” per il passaggio del grano e delle castagne da macinare. Esiste un dispositivo di regolazione della distanza fra le macine. La farina prodotta viene raccolta in un contenitore di pietra, detto “matriccio”, prospiciente le macine. L’ultimo piano del Mulino è l’abitazione della famiglia Mengozzi.

L’acqua destinata ad alimentare il mulino viene prelevata dal torrente attraverso una presa costituita da una briglia in legno di castagno. Mediante questa chiusura artificiale l’acqua si alza di livello scorrendo in un canale laterale lungo il quale esistono delle bocche di sfioro che provvedono a controllare il flusso dell’acqua. Al termine si trova una vasca (il “bottaccio”) da cui l’acqua cade direttamente, attraverso la “tromba”, sulla ruota idraulica di alimentazione delle macine. La forma conica del bottaccio e il dislivello di circa 8 metri consentono una notevole pressione dell’acqua sulle pale della turbina.

martedì 13 febbraio 2007

PREMILCUORE




Sulla strada che si inerpica su per la valle del fiume Rabbi, ai margini del Parco Nazionale di Falterona-Campigna e delle Foreste Casentinesi, in una conca alle pendice del monte Rocchetta c'è il borgo di Premilcuore.
E` questo uno dei luoghi più caratteristici del crinale appenninico, in quella striscia di territorio in cui i costumi e le usanze di due regioni si uniscono e si fondono nella Romagna-Toscana.

Il Borgo stretto nel perimetro che fu un tempo quello del castello forma una ipsilon che racchiude ancora oggi belle case in pietra attentamente ristrutturate, intricati saliscendi di stradine nel cui orizzonte incombe il verde delle colline.

Premilcuore è stato, nei secoli, crocevia di genti e culture, che hanno lasciato segni inconfondibili. Il paese conserva, nell’architettura dei suoi edifici, significativi tratti che risalgono all’ età romana, allo splendore rinascimentale fiorentino ed ai fasti del ventennio. Tuttora incerte le origini della cittadina. Alcuni ritengono sia stata fondata da tribù di Galli, che, scesi in Italia, si erano stabilite nella zona dell’Appennino settentrionale intorno al IV secolo a.C. Una leggenda narra che un prode soldato romano, di nome Marcello, fuggito da Roma al tempo di Caracalla perché facente parte di una congiura contro l’imperatore, si rifugiò in questi luoghi e qui riunì e fortificò piccoli borghi già esistenti. Di sicuro nel 1124 era feudo dell'abbazia di San Benedetto: lo si deduce da una bolla di papa Callisto II.Successivamente il Castrum fu concesso ai conti Guidi di Modigliana, a cui subentrò il vicariato delle Fiumane di Bertinoro e quindi i fiorentini. Fin dal 1376 gli abitanti, in forza di statuti speciali emanati visto che il paese era ai confini con lo Stato Pontificio, godettero di una certa autonomia. Con lanciare dei secoli Premilcuore perse però l'importanza assunta, sia per i tremendi terremoti che la sconvolsero nel 1600, sia per il progressivo degrado della strada che conduceva a Firenze, ridottasi col tempo a poco più di una mulattiera. Nel 1700 gli statuti vennero aboliti. Premilcuore continuò a far parte della provincia di Firenze fino al 1923, poi fu assegnata a Forlì.

La Porta Fiorentina, alta una ventina di metri, costituisce l’accesso al castello e ai suoi piedi si apre la Piazza dei Caduti. Ha subito diversi restauri e modifiche nel corso del tempo. Infatti i merli e i beccatelli sono un'aggiunta in cemento armato della fine degli anni '20. Sotto la cella campanaria, dalle quattro finestre arcuate, è conservato un antico orologio meccanico, realizzato nel 1593. Il suo motore è costituito da due sassi che svolgendo la lunga corda di canapa per tutta l'altezza della torre imprime il movimento rotatorio all'asse e agli altri meccanismi dell'orologio.



La Porta Urbana è la porta d’accesso al centro storico, venendo da Forlì, ed è stata rimaneggiata più volte nel corso del XX sec.


Reca alla destra dell' ingresso un particolare segnale stradale, ormai introvabile.



La Pieve di San Martino è il monumento di maggiore interesse del paese. Posta fuori dal centro, ai margini del quartiere Marciolame, è un elegante edifico tardo rinascimentale di matrice toscana. Eretta sulle rovine di un tempio pagano attorno all'anno mille, subì diversi rifacimenti fino al restauro degli anni 1933-40. La struttura attuale risale alla seconda metà del 1500.
L'interno è a tre navate divise da sette ampie arcate a tutto sesto. La navata centrale è ricoperta da un tetto a capriate lignee, mentre le due navate laterali hanno volte a crociera. Sono numerosi i quadri e c'è un prezioso crocifisso del XV secolo.
La religiosità del luogo è visibile lungo le strade nei vari tabernacoli che per lo più raffigurano la Madonna con il Bambino.
















Il Palazzo Briccolani, in Piazza Ricci, è un'imponente costruzione rinascimentale, a tre piani, con portali a bugne ed a punta di diamante. Notevoli le inferriate a disegni geometrici. Fu abitato nel corso del tempo dai notabili del luogo fra cui Lucia della Massa (morta il 16 giugno 1711) moglie di Giulio Cesare de' Medici, Gonfaloniere del Comune a cavallo tra XVII e XVIII. Oggi è sede di una bottega di ceramiche e pelletteria che allinea in una lunga teoria di sale oggetti in ceramica, quadri e pelletteria.








A 50 metri dalla Porta di Sotto sono ancora visibili due snelle torrette lungo il perimetro dell'antica cinta muraria che cingeva il castello, ossia l'antico borgo sorto ai piedi della Rocca dei Guidi. Dell'antica murata, aperta dalle due porte Fiorentina e Porta di Sotto, rimangono ancora ampi tratti, in gran parte inglobati in successive costruzioni.